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Violenza donne, Strasburgo condanna l’Italia. Bruzzone: “Va sconfitta la sottovalutazione”

Intervista del 02 marzo 2017

Violenza donne, Strasburgo condanna l’Italia. Bruzzone: “Va sconfitta la sottovalutazione”

La Corte di Strasburgo ha sanzionato l’Italia perché, secondo i giudici, non avrebbe fatto il possibile per proteggere una donna e suo figlio dalle violenze e dalle minacce da parte del marito, episodi poi sfociati nell’omicidio del figlio da parte dell’uomo e il tentato omicidio della moglie. Su questo IntelligoNews ha sentito la criminologa e psicologa forense Roberta Bruzzone: ”Sentenza in linea con ciò che accade in Italia. Il vero nemico da sconfiggere è ancora la sottovalutazione di ciò che accade in certi scenari”.

Come commenta questa sentenza?
”Purtroppo è assolutamente in linea con una serie di eventi che sono accaduti nel nostro Paese e che, di fatto, hanno concretamente coadiuvato l’azione violenta da parte di maltrattatori e in alcuni casi anche di assassini. È un segnale molto forte, che va ascoltato”.

C’è qualcosa che non funziona nella nostra legislazione? Oppure è buona ma è l’applicazione il problema?
”Noi abbiamo una buona normativa e sotto il profilo europeo ritengo sia una delle migliori; poi qualsiasi normativa è perfettibile e si può migliorare, ma la nostra ha un’ottima base di partenza. Gli strumenti ci sono e sono sufficientemente adeguati, il problema è la sottovalutazione, figlia del pregiudizio culturale, che ancora permane di ciò che accade all’interno di certi scenari, troppo spesso derubricati o liquidati come liti fra ex fidanzati o ex coniugi, quando in realtà la situazione è ben diversa. Questo purtroppo è ancora il vero nemico da sconfiggere”.

Si può parlare di soggetti deboli che vengono vessati all’esterno e poi sfogano la frustrazione fra le mura domestiche? Oppure il quadro è diverso?
”Non parlerei di sfogo, ma più di soggetti che solo all’interno di certi quadri relazionali, quando sanno di avere egemonia e controllo sulla vittima, manifestano la loro reale natura. Fuori da questo contesto, dal perimetro della relazione affettiva, il controllo sul mondo esterno non ce l’hanno e dunque, da abili manipolatori nella maggior parte dei casi, sono propensi a dissimulare questa loro parte che però è quella più vera, più genuina”.

L’odio sui social, gli haters e tutti i fenomeni connessi hanno influito sulle dinamiche della violenza?
”Io credo che i social media, in particolare, abbiano avuto il merito indiscutibile di aver manifestato quel che c’è sempre stato e covava sotto l’apparenza di una vita normale o sufficientemente mediocre: hanno tirato fuori il peggio del peggio, ma perché questo c’era già. Sono, da questo punto di vista, un utilissimo e realistico termometro del livello di violenza, fisica e psicologica, che serpeggia in seno alla popolazione generale. Anche di coloro che vengono considerati insospettabili, e che sono i più pericolosi”.

Lei ha spesso parlato di un programma contro gli haters sui social, per stanarli e fargli dire apertamente quel che dicono solo dietro ad un profilo social. Non c’è il rischio che si inaspriscano ancora di più?
”Normalmente questo tipo di soggetti non riescono a manifestare la violenza se non dietro ad un profilo spesso anonimo e davanti ad una tastiera e uno schermo. Hanno un diverso rapporto con il mondo reale, e il più delle volte di fronte al riscontro oggettivo della gravità di quanto commesso, per dirla brutalmente ma in maniera efficace, se la fanno nelle braghe abbastanza velocemente”.