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Varani, Bruzzone: “Evoluzione maligna di questa epoca. Classico omicidio per noia esistenziale”

Intervista del 08 marzo 2016

Varani, Bruzzone: “Evoluzione maligna di questa epoca. Classico omicidio per noia esistenziale”

“In un’epoca flagellata dall’onnipotenza dell’io si arriva a uccidere per la curiosità di vedere l’effetto che fa: logica aberrante, siamo alla trasgressione della trasgressione”. “E’ il classico omicidio per noia, ma qui si tratta di noia esistenziale”. In sintesi due “pillole” dell’analisi che Roberta Bruzzone, criminologa, sviluppa conversando su Intelligonews sui risvolti del delitto Varani. In base alla sua esperienza, apre uno spaccato inquietante di una società capace anche di “formare” potenziali assassini.
Cosa c’è dietro questo delitto? Da criminologa che idea si è fatta?
«Posso solo dire che è sicuramente una vicenda di una gravità inaudita; è l’evoluzione maligna, ulteriore, di questa epoca in cui il dare libero sfogo a qualunque tipo di impulso è considerato praticabile. A questo punto non c’è solo o tanto l’aspetto sessuale o trasgressivo, bensì l’andare oltre la trasgressione. In sostanza siamo alla trasgressione della trasgressione che è uccide un altro essere umano. Si uccide come forma estrema di trasgressione. Ormai siamo in un’epoca flagellata dall’onnipotenza dell’io e se si può fare tutto e il contrario di tutto, si arriva a uccidere perché sono curioso di vedere l’effetto che mi fa».
Una logica aberrante, non trova?
«E’ il classico omicidio per noia, ma si tratta di una noia esistenziale, di chi non sa più cosa fare e come impiegare il proprio tempo e ha bisogno di continui stimoli anche se questo significa calpestare gli altri e soprattutto la vita degli altri».
Di fronte a uno scenario del genere e in base alla sua esperienza professionale questo schema di società può generare potenziali assassini?
«Assolutamente sì. Basta farsi un giro sui social network per avere un’idea chiara. Noi abbiamo indagato questo mondo nel libro che uscirà a fine maggio per la casa editrice Imprimatur dal titolo ‘Il lato oscuro dei social media’. Abbiamo raccontato questa parte della vicenda ed è possibile verificare seguendo un qualsiasi social dove notiamo che la stragrande maggioranza delle attività dei vari profili è sperimentare l’insulto, la denigrazione, l’offesa. Ora, da mettere in campo atteggiamenti aggressivi a qualcosa di molto più grave o di estremo, il passo non è poi così difficile da fare o così tanto distante. Non mi stupisco di questo tipo di condotte, non è la prima volta che si manifestano».
Con quali analogie o differenze?
«Diciamo che negli altri casi, c’è sempre una chiave di lettura strumentale, ovvero un vantaggio per l’assassino nell’eliminare la vittima, ma qui siamo all’omicidio per gioco e al ragionamento in base al quale si dice: voglio sperimentare questa nuova “esperienza” e per farlo contemplo la possibilità di uccidere per vedere quale sensazione mi dà. E’ certamente una metastasi maligna della dimensione aggressiva che comunque è connaturata nella natura umana. Ecco perché è pericoloso non avere limiti e non porseli; del resto viviamo nell’epoca del tutti contro tutti, non ci sono più compagni di viaggio ma antagonisti e se voglio ottenere qualcosa non importa chi paga il prezzo; non importa se la nuova sensazione che voglio vivere costa la vita a una persona. In chi arriva a questo tipo di comportamento c’è una dimensione abnorme che va indagata e sarà oggetto di valutazioni in sede forense su tutta questa vicenda nella quale, a mio giudizio, non c’è solo l’aspetto tossicologico: non credo cioè che sia solo la cocaina ad aver agito da detonatore».