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Selfie con treno in corsa? Bruzzone: “Attenti ragazzi al desiderio di mostrarsi al gruppo”

Intervista del 09 marzo 2017

Selfie con treno in corsa? Bruzzone: “Attenti ragazzi al desiderio di mostrarsi al gruppo”

Sta facendo molto discutere la vicenda di Catanzaro, con la morte del 13enne travolto e ucciso da un treno in corsa. C’è chi sul principio aveva ipotizzato che il giovane si stesse facendo un selfie estremo, ma la circostanza non sarebbe stata confermata dalla Polizia. Tuttavia al di là del caso specifico è un dato di fatto come divampi la moda dei selfie estremi che costano la vita soprattutto agli adolescenti, sempre più vittime del desiderio di apparire e mettersi in mostra senza freni inibitori e in totale assenza di sicurezza
Intelligonews ha chiesto il parere della criminologa Roberta Bruzzone.
Quale psiche si nasconde dietro la sempre più diffusa moda dei selfie estremi?
“Negli adolescenti il problema è rappresentato dal desiderio di approvazione e accettazione da parte del gruppo di appartenenza. Evidentemente si instaura una sorta di competizione all’interno del gruppo a chi si spinge oltre ed osa di più in condizioni di totale insicurezza. Da qui tante tragedie”.
Le bravate sono sempre esistite, lo dimostrano anche gli sport cosiddetti estremi. Il desiderio di riprendersi e di postare poi il tutto sui social può aver aggravato la situazione?
“Condotte di questo genere, è vero, ci sono sempre state: il passaggio rituale per entrare nei gruppi adolescenziali è una pratica vecchia che non nasce certamente oggi. Il fatto che la prova di coraggio oltre ad essere svolta debba anche essere documentata con foto o video, certamente ha reso oggi la situazione ancora più grave, incentivando la corsa all’estremo, facendo perdere ai ragazzi la consapevolezza di mettere a rischio la propria vita. Il desiderio di mostrarsi a tutti i soggetti del gruppo anche attraverso l’utilizzo dei social, prescinde dalla paura di venir travolti da un treno”.
Ma come arginare questo fenomeno? Chi può farlo?
“Spetta ai genitori far capire ai figli che questa corsa sfrenata all’apparire, a mettersi in mostra, con l’obiettivo di documentare la prova di coraggio per esercitare più autorevolezza sul gruppo d’appartenenza è purtroppo un aspetto che segnala al contrario una grande debolezza dell’io e che poi si risolve puntualmente in situazioni estreme. Pensiamo ai tanti giovani che si fanno riprendere mentre consumano alcol fino allo sfinimento per dimostrare di saperlo reggere bene e poi stanno malissimo. Di casi simili ce ne sono a migliaia, anche se poi non tutti si concludono tragicamente”.
E la scuola, può giocare un ruolo importante? 
“Certo, anche la scuola è importante nella formazione ma non possiamo pretendere che gli insegnanti vadano a sopperire quelle che sono le specifiche responsabilità genitoriali nel dettare ai figli determinate regole comportamentali. La prima cellula educativa resta la famiglia e non si può pensare di sgravare i genitori dalle proprie responsabilità con l’alibi che tanto ci deve pensare la scuola ad educarli”.
L’uso delle playstation quanto può contribuire a far perdere ai giovani il senso della responsabilità?
“Non c’è bisogno di togliere le playstation ai ragazzi, basta fare opera di convincimento e consapevolezza. Molti giovani sono completamente appiattiti sulla realtà virtuale e devono essere ricondotti alla realtà. Bisogna far comprendere loro che quando la realtà virtuale viene trasferita nella vita reale rischia di diventare il peggior nemico”.