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Ecco perché Veronica Panarello è stata condannata

Il Criminal profiling del caso Panarello

“Veronica Panarello ha ucciso suo figlio Loris, poi si è liberata del cadavere gettandolo in un canalone. L’accusa chiede trent’anni di carcere per omicidio premeditato.

Veronica è egocentrica bugiarda e manipolatrice. Il rapporto con Loris era distorto: trattava il bimbo più da amico che da figlio. È plausibile che la relazione tra Veronica e Andrea Stival sia il movente del delitto: lo dimostrano le telefonate e gli SMS che si scambiavano. Loris è stato ucciso perché lo aveva scoperto”.

È con queste parole che si è conclusa la durissima requisitoria del Procuratore Capo di Ragusa, Carmelo Petralia, e del sostituto Procuratore, Marco Rota. Sono i due magistrati che hanno indagato sulla tragica morte del piccolo Loris sin dai primi istanti, quando ancora si cercava un bimbo misteriosamente scomparso mentre si trovava a pochi passi dall’entrata della scuola elementare del paesino in cui viveva con la mamma, il papà ed il fratellino.

Ma i colpi di scena in questa terribile vicenda non sono mai mancati. Una volta ritrovato il corpo del bimbo nel canalone alla periferia di santa Croce Camerina, proprio sulla base delle condizioni del ritrovamento (il bimbo non indossava le mutandine e aveva i pantaloni slacciati) si pensò immediatamente all’opera di un predatore di bambini. Ma si trattava solo dell’ennesimo inganno, dell’ennesima manipolazione.

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Si trattava di uno sconcertante tentativo di allontanare da sé i sospetti da parte dell’unica imputata per questo feroce delitto. E si tratta, come ormai ben sappiamo tutti, proprio della madre della piccola vittima, Veronica Panarello, che deve rispondere dinnanzi al GUP Andrea Reale (il processo si sta celebrando davanti al GUP perché la difesa della donna ha scelto il rito abbreviato, circostanza che le garantisce un sostanzioso sconto di pena di un terzo rispetto a quella prevista se avesse optato per il rito ordinario), dell’accusa di omicidio premeditato e pluriaggravato.

L’accusa ha chiesto 30 anni partendo da una richiesta di condanna all’ergastolo ma tenendo in considerazione lo sconto di pena previsto per l’imputato che sceglie, come in questo caso, il rito abbreviato. Secondo la Procura non ci sono dubbi: è stata lei a strangolare il figlio (con una fascetta di plastica) la mattina del 29 novembre 2014 mentre si trovavano all’interno della loro abitazione di Santa Croce Camerina.

Il ruolo attribuito al suocero, Andrea Stival, non trova alcun riscontro sotto profilo probatorio. Ma nella requisitoria finale i due magistrati si sono spinti ben oltre: “dal giorno del delitto, la Panariello ha recitato una parte, adattandola di volta in volta alle novità che emergevano dalle indagini. È falsa la sua ricostruzione dei fatti: l’autopsia del Dottor Giuseppe Iuvara ha stabilito infatti che Loris non è stato ucciso con un cavetto elettrico, come dice lei accusando il suocero, ma con una fascetta di plastica”. Secondo l’accusa è plausibile ipotizzare che tra Veronica e Andrea Stival ci fosse una relazione e che Loris sia stato ucciso perché lo aveva scoperto.

Alla base del delitto, quindi, vi sarebbe un segreto inconfessabile.

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Uno di quei segreti di famiglia che non deve emergere, anche se per proteggerlo bisogna arrivare, lucidamente e premeditatamente, a togliere la vita ad un bimbo di appena 8 anni, ad inscenare un delitto a scopo sessuale e a gettarne il corpicino straziato, come un straccio vecchio, nel fondo di un canalone. A nulla è servito il tentativo da parte della difesa di giocare la carta della infermità mentale. Veronica, secondo gli psichiatri nominati dal GUP, avrebbe una “personalità non armonica” ma resta comunque pienamente “capace di intendere e di partecipare al processo”.

E i periti chiariscono che “l’attenzione, sia spontanea sia provocata, non subisce momenti di cedimento nel corso dei vari colloqui, partecipati sempre con presenza attiva e contrattuale. Non sono emersi, infatti, disturbi dell’attenzione, mantenutasi efficiente anche dopo ore di colloquio, come pure assenti sono appari disturbi della memoria, il cui esercizio le consente ricostruzioni del suo percorso di vita coerenti e dettagliate”.

Secondo gli esperti «Il complesso di elementi clinici e psicodiagnostici raccolti non consente di mettere in luce disturbi mentali clinicamente rilevanti». In conclusione quindi i periti sostengono che «Non risulta compromessa per Veronica Panarello la capacità di autodeterminarsi rispetto a obiettivi dati, nonché di potere riferire in modo e con modalità tali da preservare i suoi interessi nella vicenda giudiziaria».In altre parole, Veronica Panarello sapeva quello che faceva al momento del fatto ed è lucida anche ora.

Ma, soprattutto, è un soggetto in grado di riferire, e anche di mentire, con piena consapevolezza, come parrebbero dimostrare le varie versioni rese durante la fase delle indagini preliminari E ha mentito reiteratamente e pervicacemente per sottrarsi alle sue terribili responsabilità. In tale prospettiva vanno letti anche i cambi di versione “ad orologeria”, ben evidenziati anche durante la requisitoria finale da parte della Procura. La difesa ha tentato di accreditare l’ultima versione resa dalla donna, quella secondo cui il bambino sarebbe stato brutalmente assassinato dal nonno con un cavo perché aveva scoperto la relazione tra la madre ed il nonno paterno, affermando di voler raccontare tutto al padre.

Ma non esiste alcun elemento a supporto della presenza del nonno sulla scena del crimine e della sua partecipazione attiva nel delitto.

L’ennesima bugia di una “personalità disarmonica” e manipolatrice dunque, l’ennesimo sfregio alla memoria del piccolo Loris. Nulla più di questo. E ritengo che nulla potrà sottrarla alla pesante condanna che la attende.