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Fortuna-Caivano, Bruzzone: “Ci sono ‘fabbriche dell’orrore’. Pericolo reiterazione anche a 20 anni dall’arresto”

Intervista del 02 maggio 2016

Fortuna-Caivano, Bruzzone: “Ci sono ‘fabbriche dell’orrore’. Pericolo reiterazione anche a 20 anni dall’arresto”

“Coloro che commettono reati del genere tendenzialmente, manifestano una capacità di reiterazione del reato tra le più elevate, anche a distanza di 20-30 anni dal primo arresto. Qual è la soluzione per impedire eventuali recidive? Ad oggi l’unica realmente efficace è il carcere”. Analisi lucida e impietosa sulla tragedia della piccola Fortuna, quella della criminologa Roberta Bruzzone che nell’intervista con Intelligonews analizza il caso dal punto di vista tecnico-investigativo.
Da criminologa che idea si è fatta della vicenda della piccola Fortuna?
«Purtroppo non posso dire che l’epilogo di questa storia mi abbia sorpresa. I sospetti erano già questi fin dall’inizio. Che la piccola Fortuna fosse precipitata in maniera autonoma da quella palazzina, era praticamente impossibile, proprio perché era impossibile per lei aprire la finestra e questo era già stato ampiamente verificato e confermato; quindi si trattava di comprendere circoscrivere i possibili sospettati. La testimonianza poi della piccola amichetta di Fortuna, ritenuta pienamente credibile, non sembra lasciare dubbi sulla vicenda. Quindi credo che davvero siamo alla svolta finale del caso».
Proprio sull’amichetta di Fortuna che, tra l’altro, ha detto che quell’uomo “avrebbe ucciso anche me”, le chiedo: qual è stato lo sforzo a livello psicologico per vincere l’omertà in cui è cresciuta? Cosa può averla indotta a rompere il muro dell’omertà?
«Credo davvero che sia stata la possibilità di finire lei stessa nello stesso modo in cui è finita Fortuna. Quando questa bambina probabilmente ha realizzato che correva e forse ha corso più volte il medesimo rischio, ha avuto la spinta a violare quel segreto inconfessabile che purtroppo riguardava la sua famiglia».
La riesumazione del corpo di un altro bambino potrebbe essere messa in relazione con la vicenda di Fortuna e l’? E’ giusto indagare e approfondire anche in questa direzione?
«Se non vado errata l’anno prima un altro bambino era precipitato dallo stesso piano di quella palazzina. A questo punto la morte di questo bambino va indagata più precisamente perché è assolutamente plausibile che possa essere stata una vittima precedente rispetto a Fortuna del medesimo soggetto. Quindi è giusto approfondire l’inchiesta da questo punto di vista».
Che tipo di pena si prospetta per chi compie un atto del genere e quale potrebbe essere la soluzione per impedire a simili persone eventuali recidive?
«Se il capo di imputazione è quello che si prospetta, ossia violenza sessuale, omicidio pluriaggravato, il capo di imputazione è da ergastolo, considerando anche le caratteristiche della vittima, una bambina di poco più di sei anni. Quindi si tratta di un capo di imputazione tra i più gravi che si possono prefigurare. Come proteggere questi bambini? Beh, purtroppo il parco verde di Caivano, questo comprensorio come tanti altre con le medesime caratteristiche, non ce lo nascondiamo, sono delle ‘fabbriche dell’orrore’ nei confronti di questi bambini che ne vedono e ne subiscono di tutti i colori. Quindi lasciare un bambino all’interno di quel tipo di nuclei familiari, purtroppo significa esporlo a simili rischi pressochè quotidianamente, non ci nascondiamo dietro un dito».
Ma lei cosa propone per impedire a questi soggetti che rappresentano anche un pericolo sociale, di rifarlo?
«La propensione a commettere reati della stessa natura, per coloro che commettono reati sessuali, è la più alta tra i crimini in assoluto; quindi coloro che commettono reati di matrice sessuale, sono quelli che hanno probabilità molto, molto alte di commetterne altri non appena ne avranno l’occasione, della medesima natura. Senza offendere, sono tra coloro che manifestano una capacità di reiterazione del reato tra le più elevate, anche a distanza di 20-30 anni dal primo arresto. Se lei mi chiede qual è la soluzione, ad oggi l’unica realmente efficace è il carcere».