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“Di cyberbullismo si può morire, non abbiate paura di parlare”

“Di cyberbullismo si può morire, non abbiate paura di parlare”

 

“E’ il gruppo la vera risposta al cyberbullismo“. Poche, semplici parole sono bastate alla criminologa Roberta Bruzzone, intervenuta questa mattina, mercoledì 29 novembre, a Palazzo Galli nell’ambito del convegno “Schermo nero: c’è una persona dietro la tastiera“, per tracciare una possibile soluzione ad un problema sempre più attuale. “Quando parliamo di cyberbullismo – ha evidenziato la criminologa – ci riferiamo a due momenti separati, il primo riguarda la violenza (fisica o psicologica) che si manifesta nel mondo reale, mentre il secondo è relativo alla diffusione degli atti di violenza, precedentemente ripresi, attraverso le piattaforme social, dove questi contenuti possono essere visti da tutti.” E’ proprio nei confronti degli “spettatori“, cioè di quelle persone che guardano senza fare nulla o che addirittura condividono questi contenuti (divenendo a tutti gli effetti complici dei bulli), che bisogna, secondo la criminologa, concentrarsi. “Il gruppo che assiste e manifesta interesse per l’azione dei bulli – ha proseguito la Bruzzone – quello che rimane indifferente e quello che si rende conto della gravità della situazione, preferendo però non prendere una posizione (magari per paura di essere a sua volta coinvolto), sono elementi che gettano benzina sul fuoco: solo attraverso la sensibilizzazione, che parte soprattutto da casa ma che deve concretizzarsi a scuola e negli ambienti sociali, è possibile contrastare questo fenomeno”.

I dati nazionali riguardanti il bullismo presentano ad oggi un quadro allarmante: un ragazzo su due, infatti, durante il proprio percorso scolastico, ha subito almeno una violenza. “Di bullismo – ha precisato la Bruzzone – si può anche morire: il 30% delle vittime certificate di bullismo, ha pensato almeno una volta al suicidio, considerandolo come l’unica soluzione possibile per sottrarsi alle angherie e alle persecuzioni di altre persone. Spesso è infatti molto difficile per i ragazzi – ha concluso la criminologa – affrontare l’argomento con i propri genitori, per paura di essere considerati deboli o addirittura degli incapaci.” Per questo, il progetto condotto dagli educatori della Casa del Fanciullo ha avuto come obiettivo quello di informare i ragazzi sui meccanismi di funzionamento dei social.

Al convegno, atto conclusivo di un percorso formativo sul cyberbullismo e i rischi della rete intrapreso dalle classi seconde del Liceo Artistico B. Cassinari e dall’istituto tecnico A. Tramello di Piacenza, sono intervenute anche la dottoressa Franca Pagani dell’area minori e famiglie nel comune di Piacenza e l’avvocato Sara Carsaniga, che ha parlato della responsabilità legale e giuridica legata al fenomeno

Fonte: liberta.it