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Il caso di Roberta Ragusa – aggiornato al 18 marzo 2016

E’ andata come doveva andare e come avevo ampiamente previsto e preannunciato in questi mesi nel caso di Roberta Ragusa: la Corte di Cassazione infatti, il 18 marzo scorso ha sciolto la riserva sui riscorsi presentati contro il proscioglimento di Antonio Logli accogliendoli pienamente.

Ergo, Antonio Logli dovrà presto presentarsi davanti ad un nuovo Giudice per l’udienza preliminare (GUP) del Tribunale di Pisa che dovrà decidere in merito al suo destino giudiziario. E le strade che si aprono sono due: nuovo proscioglimento o rinvio a giudizio. Si tratta di una decisione (annullamento con rinvio a nuovo GUP) che, stando alle loro dichiarazioni “a caldo” rilasciate proprio nella mattinata del 18 marzo, non ha sorpreso più di tanto nemmeno i difensori di Antonio Logli che, addirittura, arrivano ad affermare che si trattava di uno scenario ampiamente prevedibile.

Come un fulmine a ciel sereno, il GUP di Pisa Giuseppe Laghezza il 6 marzo del 2015 aveva prosciolto Antonio Logli dall’accusa di aver assassinato la moglie Roberta Ragusa e averne distrutto il cadavere. Secondo Laghezza, in altre parole, non vi erano gli elementi necessari per sostenere l’accusa durante un eventuale processo contro il marito di Roberta Ragusa, scomparsa misteriosamente ormai da oltre 4 anni. In primis il GUP scriveva chiaramente, in linea con quanto sostenuto dalla difesa di Logli, che a suo avviso, ad oggi, non possiamo neppure parlare di omicidio dal momento che della morte violenta della donna non vi sarebbe prova alcuna.

Secondo il GUP gli atti dell’inchiesta erano insufficienti, contraddittori e non idonei a sostenere l’accusa in dibattimento (ossia in un possibile processo). Ma non è tutto. Sempre secondo il GUP non sarebbe neppure possibile che ulteriori nuovi elementi possano emergere durante lo svolgimento di un eventuale processo per supportare l’impianto accusatorio sino ad ora disponibile. I motivi che hanno determinato tale controverso pronunciamento e demolito (solo temporaneamente) un’inchiesta che aveva prodotto oltre 20 mila pagine di elementi da considerare, erano contenuti in sole 12 pagine di motivazione della sentenza di proscioglimento.

Ma erano rimaste senza risposta molte, troppe domande, che ora verranno nuovamente riproposte dalla Procura davanti ad un altro Giudice che dovrà esprimersi sugli atti dell’inchiesta e verificare la fattibilità di un eventuale processo. Del resto, dopo 4 anni di indagini senza sosta, resta il fatto che di questa donna dalla vita cristallina, madre di due figli adorati, moglie fedele e paziente, ma anche donna tradita e, sulla base di quanto sostiene la Procura, ormai consapevole non solo del tradimento da parte del marito ma anche dell’identità della donna che aveva preso il suo posto, Sara Calzolaio (che ormai da tempo vive a casa di Roberta, con i figli ed il marito di Roberta), si è persa ogni traccia dal gennaio 2012.

A partire da quella notte tra il 13 ed il 14 gennaio 2012 la vita di questa donna viene fagocitata nel buio più assoluto. Non ce lo nascondiamo, la decisione da parte di Antonio Logli di “accogliere” in casa l’amante qualche tempo dopo la misteriosa scomparsa della moglie ha destato grandi perplessità e, conseguentemente, grande attenzione investigativa. Il motivo è piuttosto evidente: il trasferimento a casa Logli dell’amante storica sembra (almeno deduttivamente) riconducibile alla presunta consapevolezza, da parte di entrambi, che Roberta non sarebbe mai più tornata a casa sua, dai suoi figli. Certo, il suo corpo non è ancora stato trovato (e, con ogni probabilità, non lo sarà mai), ma davvero questo rappresenta il principale ostacolo per arrivare a celebrare un processo? Andiamo per gradi, la complessità della vicenda ci impone la massima precisione sul punto.

Il Dr. Laghezza ha censurato in maniera netta anche il lavoro degli investigatori sostenendo che tutti gli sforzi profusi durante l’inchiesta attraverso le ricerche, le perquisizioni effettuate, i vari reperti analizzati, le intercettazioni telefoniche ed ambientali disposte hanno dato esito negativo. Il GUP non ha risparmiato neppure le dichiarazioni rese dai vari testimoni coinvolti nel caso definendole contraddittore, a volte inverosimili ed insufficienti. Il GUP si concentra in particolare su Loris Gozi, considerato il testimone principale a carico di Logli da parte degli inquirenti.

A carico delle dichiarazioni di Gozi il GUP evidenzia una serie di contraddizioni su aspetti che definisce non secondari. A non convincerlo sono in particolare le diverse versioni rese da Gozi su alcuni passaggi ritenuti centrali come l’orario, la distanza di osservazione rispetto al punto in cui riferisce di aver visto una coppia litigare, il tipo di auto che Gozi sostiene di aver visto ferma in via Gigli e l’identificazione dell’uomo che era alla guida dell’auto in quel frangente. Sono in particolare quei 30 minuti di differenza nell’orario riferito da Gozi in momenti diversi a rendere, secondo il GUP, il testimone poco credibile.

Eppure proprio sul punto ci sono dei dati oggettivi (i tabulati telefonici delle utenze di Gozi e della moglie Anita) su cui si sono basati gli inquirenti che confermano quanto riferito in merito all’orario da Gozi in sede di incidente probatorio. Ma per il giudice la frammentarietà nel racconto di Gozi ed il recupero progressivo dei ricordi relativi alla notte tra il 13 e il 14 gennaio del 2012 (unitamente al fatto che Gozi parlerà con i Carabinieri solo 9 mesi dopo la scomparsa di Roberta Ragusa – e non si è presentato spontaneamente in caserma ma viene raggiunto dai Carabinieri che vengono a sapere di lui per il tramite di un conoscente di Gozi) restano degli ostacoli insormontabili che minano insanabilmente la sua attendibilità generale.

Ancor più inaffidabili vengono considerati dal GUP gli altri due testimoni, la Sig. Silvana Piampiani e il sig. Filippo Campisi. Il GUP ammette che è improbabile che Roberta Ragusa si sia allontanata volontariamente lasciando soli i suoi figli a cui era legatissima e cita il caso di Concetta Carrozzino, che si è concluso con la condanna a 30 anni del marito nonostante il corpo della donna non sia mai stato ritrovato. Ma questo non è sufficiente a suo avviso per andare a processo. Ma sul punto evidentemente i Supremi Giudici devono averla pensata diversamente rispetto al GUP Laghezza. Tra un mese verranno depositate le motivazioni della sentenza di annullamento con rinvio e sapremo perché Antonio Logli dovrà tornare davanti ad un Giudice.

Articolo pubblicato sul settimanale VISTO nel mese di marzo 2016 a firma di Roberta Bruzzone