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Donna incinta data alle fiamme, così la criminologa Bruzzone ci spiega l’attentato

Intervista del 02 febbraio 2016

Donna incinta data alle fiamme, così la criminologa Bruzzone ci spiega l’attentato

“Siamo di fronte a una modalità esecutiva spaventosa e a un’ipotesi di reato gravissima; dal mio punto di vista qui non è semplicemente riconducibile nell’alveo delle lesioni gravissime, bensì si può configurare come tentato omicidio pluriaggravato. Speriamo di no, ma se la donna non dovesse sopravvivere, si aggiungerebbero una serie di aggravanti che potrebbero portare anche a una condanna all’ergastolo”. Così la criminologa Roberta Bruzzone ha parlato di quanto accaduto a Pozzuoli.
Un uomo infatti avrebbe dato fuoco alla compagna incinta al culmine di una lite, probabilmente esplosa per motivi di gelosia, usando una bottiglia di alcol, davanti la loro abitazione, a Pozzuoli (Napoli), per poi scappare finendo la sua corsa contro un guardrail nei pressi di Formia (Latina), come riportato dalle agenzie. Lì i carabinieri lo hanno trovato e condotto in caserma. La donna, avvolta dalle fiamme, sarebbe invece stata soccorsa, sempre secondo quanto ricostruito dalle maggiori agenzie, da un vicino di casa che subito dopo ha chiamato il 118. L’ambulanza l’ha portata nell’ospedale di Pozzuoli da cui è stata trasferita nel Cardarelli di Napoli, in codice rosso. La donna di 38 anni è stata portata nel reparto di ostetricia per un parto urgente con taglio cesareo. Infine il trasferimento nel reparto grandi ustionati, dove si trova attualmente in prognosi riservata con lesioni sul 40 per cento del corpo. Il figlio che portava in grembo è nato e seppur prematuro è in discrete condizioni di salute.
Continua Bruzzone: “Dare fuoco a una persona non è così banale, non si fa usando un accendino, devi usare sostanze liquide, come alcol o benzina, che consentano un’accelerazione delle fiamme. Quindi, agisci perché vuoi fare del male, cioè lo fai deliberatamente e dunque con lucidità”.
La criminologa risponde così alla domanda circa possibili casi simili: “Ad esempio la vicenda dell’omicidio di Maria Anastasi, a Trapani, uccisa e poi bruciata qualche giorno prima di partorire il suo quarto figlio. Anche lei come la donna di Pozzuoli, era incinta. In questi casi, il fuoco viene usato come arma non solo per colpire fisicamente ma anche sul piano psicologico; usare il fuoco su una persona significa voler cancellare, annientare la sua identità, il suo aspetto fisico, il suo essere donna. Il fuoco, lo sappiamo, distrugge qualunque cosa e nel caso delle persone, qualunque aspetto, fisionomia identitaria. Un po’ come accade con l’acido e in fondo tra i due elementi non c’è molta differenza“. Quindi spiega come cambierà la vita della vittima: “Anche se la donna si riprenderà niente per lei e in lei sarà più come prima: porterà sul suo corpo i segni indelebili di questa violenza e da questo punto di vista, chi le ha dato fuoco ha già raggiunto il suo obiettivo”.
Ma cosa scatta nella testa di una persona che compie un gesto del genere? “La violenza in gravidanza è uno degli elementi in cui valutiamo se esiste il rischio di una escalation di aggressività“, dice Bruzzone. “In altre parole, se la donna ha ricevuto maltrattamenti in gravidanza, il rischio che possa essere uccisa si triplica”.